lunedì 19 aprile 2010

Progetto MANDALA


Sabato 17 Aprile 2010, dalle ore 11:00 alle ore 13:00, nell’auditorium della nostra scuola, si è tenuto un incontro con le curatrici del progetto formativo “Mandala”, tenutosi presso il carcere circondariale femminile di Pozzuoli.
Il progetto è consistito nell’allestimento di un laboratorio di scrittura creativa insieme con le detenute e si è dimostrato un’esperienza molto importante e significativa, sia per lo spessore umano del vissuto quotidiano su cui si è basato, sia per i risultati artistici e letterari che alla fine si sono ottenuti.
Nel seguito riportiamo alcune note introduttive, preparate dalle curatrici del progetto, che possono servire ad illustrare le finalità del laboratorio, le difficoltà incontrate e le problematiche principali sollevate.

Da dove siamo partite
Cinque insegnanti. Lavoravamo già da sette anni nella Casa Circondariale Femminile di Pozzuoli e avevamo avuto spesso di fronte donne abituate a tutto e capaci di tutto, che non potevamo né volevamo cambiare, ma che, a nostro parere, dovevano guardare la realtà in un modo diverso: volevamo spingerle a riconsiderare se stesse attraverso lenti deformanti, che mettessero in risalto ciò che era stato sottovalutato, nascosto, rimosso.
Eravamo state recluse anche noi così a lungo che ci sembrava di comprendere il disagio di un mondo di sentimenti e d’urla, eppure senza voce. Isolate dal mondo esterno, le donne tacciono, chiuse nella disperazione, o gridano con esplosioni di rabbia, incapaci di difendere i propri diritti e desideri e credono così che non c’è alcuna strada per farsi comprendere, come quando erano libere, come tante altre donne senza voce nel mondo libero. Per cambiare l’abitudine delle detenute di parlare senza dire abbiamo scelto di lavorare sulla scrittura. Il punto di partenza era la convinzione che esse avessero “qualcosa da dire sulle cose del mondo” e che era importante liberarsi dall’idea che il gusto di leggere e scrivere bene sia fondamentalmente una dote naturale. Avevamo visto fallire, negli anni precedenti, innumerevoli progetti che puntavano direttamente sull’acquisizione d’abilità, sul lavoro, mentre noi avevamo intuito la necessità di partire dalla persona, dai suoi desideri, da un progetto di vita rinnovato per un effettivo reinserimento sociale…

Il bastimento
Il Laboratorio di lettura-scrittura creativa “MANDALA” è stato un itinerario letterario circolare “a blocchi concatenati”, articolato sui temi più significativi del mondo femminile. Per ognuno sono state individuate donne della cultura del ‘900 che con la scrittura, la fotografia, l’arte hanno raccontato il mondo: ad esse hanno fatto eco, con i loro scritti, le donne detenute…
L’esperienza ha avuto inizio nel 2001 con la fase progettuale, e si è poi sviluppata nei due anni successivi con la stesura e revisione degli scritti, testi originali in poesia e prosa raccolti poi nel volume “Davanti a me è caduto il cielo” Ed Filema, presentato in Biblioteca Nazionale il 26 maggio 2004 e al II Incontro nazionale “Le buone pratiche in EDA”.
Questo testo rappresenta un patrimonio di pensiero, espressione di un’intera collettività, quella del territorio-carcere femminile: è il risultato di un progetto di costruzione del sé dove le parole e i segni sono testimonianza di rimozioni trasformatesi da confessioni disperate in elaborazioni emotive. Esprimono una sola voce, la voce della donna prigioniera prima di se stessa e poi del carcere, ma che ha qualcosa da dire sui temi della vita…

Il mare e l’equipaggio
La Casa Circondariale Femminile di Pozzuoli è un luogo di transito dove sono presenti donne in attesa di giudizio per reati contro il patrimonio (furto, spaccio, truffa) ma accusate anche di omicidio, pedofilia, associazione a delinquere di stampo camorristico: il periodo di reclusione dovrebbe essere quindi breve, ma in alcuni casi il ricorso all’appello lo prolunga anche a numerosi anni. Le detenute hanno spesso una personalità difficile, impenetrabile, abituate all’azione più che alla riflessione, inclini alla comunicazione orale più che a quella scritta. Apparentemente, quindi, sembrava un’impresa impossibile attuare un laboratorio di scrittura-creativa. Ma, sotto la superficie, affioravano emozioni imprigionate, una forte curiosità di metter piede nei mondi letterari fatti solo di parole, la necessità di prendersi cura di sé partendo dalla scrittura, l’esigenza di raccontare quei lunghi silenzi dell’esistenza o gli assordanti rumori di un passato invadente…

Alla fonda
Partite dalla convinzione che donne senza cultura e senza stimoli avessero vissuti e saperi da comunicare e che, lavorando, potessero farlo da sole, siamo certe, oggi, che ciascuno può esprimersi in modo non solo corretto e significativo, ma poetico e alto.
Ciò che ci ha spiazzato, al di là della bellezza e della suggestione dei sentimenti, è il profilo della condizione femminile che emerge dagli scritti delle donne detenute. Una condizione di fiancheggiamento, di disprezzo dei diritti femminili faticosamente acquisiti, di ruoli subordinati accettati senza condizione: un quadro arretrato, antistorico, anacronistico. Ma vero, e tragicamente reale. Leggendo le scrittrici contemporanee eravamo indotte a credere che questo profilo fosse marginale, riferibile a frange ristrette, o a paesi dove la condizione femminile è subordinata a cultura e religione: abbiamo constatato che questo modo di essere donna appartiene a gran parte delle straniere nel carcere e a moltissime italiane. Il carcere è un microcosmo nel quale le dinamiche e le problematiche sociali, come l’integrazione razziale, la tossicodipendenza, l’AIDS, il valore dell’educazione e della famiglia e ovviamente il significato della giustizia assumono ridondanza ed evidenza. E la scuola ne è osservatorio “privilegiato”. Forse sarebbe il caso di riflettere sui traguardi di autonomia che le donne hanno raggiunto e su quante e quali lo abbiano fatto realmente.